Quattro passi nel Gotico

Quando sentiamo la parola “gotico” ci si affacciano alla mente sagome di immense cattedrali, dalle altezze svettanti, ricche di pinnacoli e guglie che si protendono verso il cielo, decorate da grandi vetrate dipinte, sostenute da giganteschi pilastri e bilanciate da archi rampanti, ridondanti di sculture in pietra di santi, profeti e demoni e magari di gargoyl. Pensiamo a Notre Dame a Parigi o, più vicini a noi, al Duomo di Milano, alla basilica di San Marco a Venezia, ai duomi di Orvieto e di Siena. Pensiamo alle grandi chiese inglesi e tedesche grigie e silenziose. Forse i più immaginifici tra noi vanno anche oltre pensando ai romanzi dalle tinte lugubri che popolano quei luoghi di spiriti, fantasmi e maledizioni varie.

Esiste però anche un altro gotico: quello che si è maggiormente diffuso in Italia, dove pinnacoli, guglie e pareti svuotate in favore di vetrate sono rari. Qui le altezze sono più contenute, gli archi rampanti scarsi e i gargoyl quasi inesistenti. Gli stilemi del gotico si sposano e sono fortemente smorzati dall’austerità degli ordini monastici che li importano, dalla tradizione classica della Penisola e dall’incontro con le solenni e pesanti forme del Romanico, che riempiono le mura e volgono decisamente verso una maggiore sobrietà.
In Lombardia in particolare, si sviluppa uno stile architettonico definito appunto “gotico lombardo”, estremamente peculiare e riconoscibile non solo negli edifici sacri ma anche in quelli civili; a Quattrocento inoltrato si fonde ulteriormente con la rinata classicità e trova espressione negli edifici di Filarete, dei Solari, di Giovanni Antonio Amedeo, che coniugano una formazione tradizionale e ancora gotica con le nuove istanze rinascimentali.
Questo stile si sviluppa anzitutto a Milano, già cantiere vivace e luogo di incontro tra maestranze provenienti dalla Penisola come d’Oltralpe.
La mescolanza di queste diverse direttrici porta alla nascita di un’architettura in apparenza semplice: forme semplici e solide, basata sulla cortina di mattoni rossi dei muri ingentiliti da poche decorazioni in terracotta quali gocciolatoi o archetti pensili che incorniciano la struttura e magari stesure di intonaco chiarea spezzare la monotonia cromatica. Concessioni al gotico sono le finestre, monofore, bifore o trifore ogivali o anche trilobate con le luci divise da esili colonnine o pilastrini. L’interno è scandito da archi ogivali e costoloni.
Chiese così ormai ne sono rimaste poche nella bassa bergamasca orientale, modificate nei secoli secondo altri gusti, barocco o neoclassico. È possibile rintracciarne le caratteristiche nella chiesa parrocchiale di Sant’Agata a Martinengo -le pareti laterali e il campanile conservano l’aspetto tardoquattrocentesco-, o all’interno della chiesa dell’Addolorata di Mornico al Serio o di San Pietro di Palosco. Forse però l’edificio che meglio lo rappresenta non è una chiesa del XV secolo ma una fabbrica ottocentesca: il Filandone di Martinengo, le cui imponenti dimensioni ricordano a detta di molti una cattedrale; e forse così era intesa dai committenti, una cattedrale del lavoro: bicromia data da mattoni a vista e intonaco, archetti pensili in terracotta, gocciolatoi e semplici decorazioni in mattoni, enormi monofore: lo stile neogotico lombardo si ritrova qui.

Nondimeno l’interno di questi edifici è ben lontano dalla fredda pietra delle cattedrali nordeuropee. Lì le storie della fede sono affidate al racconto delle vetrate poste ad un’altezza tale che certo avevano più il compito simbolico di filtrare luce che non quello di educare le folle. In Italia invece si era pienamente convinti della didatticità delle immagini, e le pareti non vengono svuotate ma riccamente affrescate. Pensiamo, una su tutti, alla basilica di San Francesco in Assisi.
In piccolo anche le nostre chiese assolvono questo compito: le pareti sono un tripudio di forme e colori che danno corpo ai personaggi della Bibbia e alla devozione popolare, seguendo le sinuose ed eleganti linee del gotico che sceglie le tinte sulla base del loro significato simbolico (si veda l’abside del Convento dell’Incoronata di Martinengo di scuola bembesca), annega in un bagliore dorato la bellezza e la ricchezza della vita spirituale (come il Polittico di San Martino di Zenale e Butinone della omonima basilica trevigliese, capolavoro assoluto di questo clima), racconta calandola nell’atmosfera leggiadra e serena le storie della fede (come a Mornico e a Palosco).

Se il gotico d’Oltralpe vuole stupire e annichilire il fedele, quello italiano, tanto più sobrio, induce al raccoglimento e alla riflessione.

 

Torna a…

Arte e Architettura sacra